In dieci anni, la popolazione anziana di Bergamo e provincia è aumentata di quasi 3 punti percentuali. Negli ultimi cinque anni, la dotazione di posti letto nelle RSA è calata di 0.24 punti percentuali nei confronti del numero degli ultrasessantacinquenni. Dal 2014 a oggi, la media degli assegni pensionistici pagati in provincia di Bergamo è aumentata del 3%; nello stesso periodo, la media delle rette nelle RSA ha avuto un incremento del 12.19% ( nello specifico, sono aumentate di più le rette basse – +13.6 – di quelle alte – +11.4).
Sono i pochi numeri da cui parte un’analisi di FNP CISL provinciale, “ … per stigmatizzare comportamenti e bassa attenzione a una realtà che diventerà drammatica nel volgere di pochi anni, se non interverranno soluzioni adeguate”.
A una situazione socio-familiare già pesante, negli ultimi tempi si sono aggiunti due aspetti politici che hanno ulteriormente innalzato i problemi degli anziani e delle loro famiglie: l’innalzamento delle rette delle RSA a carico degli utenti, dietro il paravento dell’aumento dei costi energetici, ha penalizzato particolarmente le spese a carico dei pazienti e delle loro famiglie, incrementando il costo delle case di riposo di circa il 20%. Dal primo gennaio, l’aggiornamento delle retribuzioni minime, in base all’indice Istat, ha aumentato il costo per oltre un milione di datori lavoro domestico. Considerato che la maggior parte dei datori di lavoro domestico ha almeno 60 anni, la principale fonte di reddito è la pensione o l’indennità di accompagnamento (in caso di totale invalidità). Se il costo per l’assistenza supera la disponibilità finanziaria, occorre attingere ai risparmi o all’aiuto dei familiari (in genere i figli).
Questi aumenti sono cattivi segni ben oltre la mera questione economica: si interviene sugli anelli più fragili della catena sociale, piuttosto che su quelli più robusti.
D’altronde, il 13% degli over 55 lombardi vive in una condizione di povertà, come emerge dall’indagine svolta sugli anziani lombardi da SPI CGIL, FNP CISL e UILP UIL della Lombardia. E con l’estensione dell’aspettativa di vita aumenta anche la domanda di assistenza sanitaria e assistenza a lungo termine, così il numero di persone che potenzialmente necessitano di cure si prevede che aumentino di oltre il 50% nel 2050. Nonostante ciò, in quattro famiglie bergamasche su 10 sono i nonni a salvare il bilancio domestico messo a dura prova dall’inflazione degli ultimi mesi e comunque dalla scarsa regolarità dell’occupazione dei giovani: che sia un’integrazione economica allo stipendio o l’aiuto nell’accudimento dei figli, con conseguente risparmio su nido o baby sitter, l’aiuto dei pensionati è sempre più spesso determinante.
Altro aspetto fondamentale riguarda l’equità intergenerazionale e la sostenibilità socio-economica nel medio-lungo periodo, considerando che l’indice di dipendenza degli anziani passerà dall’attuale 34% al 59% nel 2070, con un aumento di quasi il 75%, il che significa che ci saranno meno di due persone in età lavorativa per ogni persona di età pari o superiore a 65 anni.
“In prima battuta – dice Giacomo Meloni, segretario generale FNP di Bergamo – bisogna agire in sostegno alla natalità, dove le amministrazioni comunali hanno a disposizione strumenti importanti, così come le aziende, che possano contribuire a invertire la tendenza in atto attraverso la contrattazione di secondo livello, ad esempio, favorendo l’occupazione femminile con servizi migliori e una regolamentazione del mondo del lavoro studiata per favorire le donne che, seppur con bambini piccoli, desiderano continuare a lavorare. Il problema dell’invecchiamento della popolazione non riguarda solo le persone anziane, ma tutti indistintamente, e coinvolge anche le categorie degli attivi perché su di loro va a gravare tutto il peso del Welfare, che diventa sempre più difficile da sostenere. La nostra Federazione si è sempre attivata nel fare proposte che tengano presente gli impegni della vita famigliare e della vita lavorativa con la presenza di persone anziane”.
Le richieste di aiuto da parte delle famiglie che hanno problemi per sostenere l’assistenza alle persone anziane da accudire – conclude Meloni – sono sempre più gravose e necessitano di interventi di sostegno effettivi. La nostra Federazione si è sempre attivata nel sollecitare i livelli istituzionali e le associazioni che operano nel settore del socio-assistenziale e nel sanitario, nel sostenere insieme proposte che colgano non solo le nuove difficoltà riguardanti parte della popolazione fragile inclusi gli anziani, ma che affrontino il tema dell’invecchiamento dando risposte concrete. Il problema dell’invecchiamento della nostra società (siamo il secondo Paese al mondo con un indice di vecchiaia alto, dopo il Giappone) dovrebbe spronare le istituzioni nel rivedere il nostro sistema di welfare sociale, affinché tenga presente il problema nel proporre soluzioni e iniziative che coinvolgano tutti quanti: giovani, adulti e anziani”.
I dati
- Nel 2011, 195mila ultra 65enni, il 18.9% della popolazione. Nel 2021, 236mila, il 21.53%
- Nel 2014, l’importo medio delle pensioni pagate in provincia era 946 €. Nel 2022, 1120 euro
- Nel 2015, le RSA registrate e convenzionate erano 62, con 5919 posto letto (pari al 2.96% della popolazione ultra 65enne). Le rette oscillavano tra i 53.98 e i 61.95 €. Nel 2022, 66 le RSA convenzionate con 6434 posti letto (2.72% sulla popolazione anziana). Le rette da 61.33 a 69.03