Cisl Lombardia sulla sanità

Appunti della Fnp Cisl Lombardia sulla sanità lombarda

Per quanto ci riguarda restano aperti ancora molti interrogativi. Le linee guida della riforma della sanità lombarda, approvate dalla Giunta regionale e presentate alla Commissione sanità del Pirellone dalla vice presidente della regione Lombardia Assessore al Welfare Letizia Brichetto Amaboldi Moratti, non  contribuiscono a sciogliere i nostri dubbi su come saranno riorganizzate la medicina e l’assistenza territoriale, la prevenzione e il rapporto pubblico privato.

La pandemia covid19 ha mostrato evidenziato le note limitatezze del servizio sociosanitario lombardo per  quanto riguarda la medicina del territorio e la prevenzione. In particolare, le articolazioni territoriali dei Dipartimenti di igiene e  prevenzione, che  devono essere “ricostruiti” dentro un sistema di prevenzione “aggiornato” dalle ultime esperienze. In numero adeguato tenendo conto  di densità  abitativa e estensione territoriale con  un autorevole  e forte  coordinamento  centrale  presso la  Direzione  Generale  Welfare, perché manca una struttura centrale  regionale  di  indirizzo e  coordinamento delle attività sanitarie a livello di Direzione Generale Welfare. Non sono definiti territori, collocazione e governance di Ast e di Asst. Non sono definiti i numeri di Ao, Irccs e Istituti universitari, e  non c’è  nulla a  tutela  della loro  autonomia e alta specializzazione. Mancano i compiti di “produzione  Lea che  saranno affidati  alle  Asst e Ao?  Il ruolo e coordinamento degli Ircss e dell  ricerca?  Integrazione  della  sanità  privata nei rapporti  sempre più intricati e concorrenziali tra pubblico e privato?

“Se vogliamo che tutto rimanga come  è, bisogna che tutto cambi”, pronunciava Tancredi nel romanzo il  Gattopardo di  Tomasi  di  Lampedusa.  E  abbiamo  proprio  l’impressione  che regione Lombardia annuncia ai quattro venti di voler cambiare tutto per non cambiare niente. Al riguardo, le prime mosse formali della nuova  legge di riordino della sanità lombarda realizzano pienamente ciò che ha scritto Tomasi di Lampedusa, ingannando per l’ennesima volta medici, infermieri, operatori in prima linea ma soprattutto i cittadini lombardi, quelli che vanno  a votare,  quelli che  lavorano onestamente, rispettano le leggi e pagano le tasse.

E perché non  lanciare  una  “provocazione”. Basta sperimentazioni lombarde, e in questa regione riprendere in esame la possibilità di ritornare alle Asl previste dalla normativa nazionale vigente?

In  particolare,  dopo la tragica esperienza della pandemia covid19 la questione del rapporto pubblico privato va  “riesaminata” non dal  punto di vista ideologico ma di sistema. Noi riteniamo che non sia solamente una complicazione tecnica di accreditamento e di regole da sistemare ma sia, prima di tutto, un problema “politico e di scelte politiche”. Non  si  può   continuare  a  privatizzare  parti  di  sistema  sanitario  pubblico,  accreditare, finanziare  con  soldi pubblici  e poi “lasciare  il  privato  sguazzare nel libero mercato”.  Si continua a rafforzare la  competizione  “infelice” tra  pubblico e privato, con il privato che potendo contare su di una maggiore flessibilità su investimenti, acquisti e assunzioni conquisterà  sempre più  fette  di  mercato e  clienti, fino ad arrivare a  “ricattare”  la  stessa politica.

Per tante ragioni la pandemia ha dimostrato che i primi soggetti di cui la regione/stato dovrebbe  prendersi  cura  sono i soggetti più  fragili,  deboli e poveri. Quindi, la sanità lombarda dovrebbe essere più pubblica e non meno. E per essere più pubblica, non ha bisogno di  “aggiustamenti  e ritocchi” ma di una vera e profonda riforma, di un vero e profondo cambiamento.

Dalla bozza presentata intuiamo che  la grande sfida sarà sugli investimenti che  andranno al pubblico, sul cui rafforzamento la Moratti non  si esprime. Dalla bozza si può  facilmente prevedere che  la  crescita  del  privato,  nel  nome   di  una  mal  formulata  libertà di scelta, prosegua anche con questa riforma che  la vice presidente sta promulgando in perfetta continuità con il passato. Nel  progetto, le  Asst  continueranno  a  gestire  sia  la  sanità ospedaliera che quella territoriale, a rischio di un permanere della confusione di ruoli che già  abbiamo  sperimentato  negli ultimi  cinque  anni. Sul  territorio i Presst (figura mitologica  della  precedente riorganizzazione  che non sono mai veramente  entrati in funzione) dovrebbero essere sostituiti dai Distretti che  valuteranno il bisogno  e domanda locale,  la programmazione  territoriale,  l’integrazione  tra medici di medicina generale e la rete dei  professionisti  socio  sanitari dei diversi ambiti.  E poi e Case della comunità,  le Centrali  operative  territoriali e gli Ospedali  di  comunità.  Sembra una  bella operazione di chirurgia estetica, ma sotto silicone e botulino rimarrà qualcosa?

Le nuove linee della sanità lombarda non ci possono soddisfare completamente. Il sindacato dei  pensionati Fnp Cisl Lombardia  ritiene, infatti, che  la  medicina  territoriale abbia bisogno di meno confusione e più autonomia, di maggiori risorse, di medici, di infermieri, di operatori con una formazione più  adeguata e specifica alla  medicina di prossimità dell’assistito, che è diversa da  quella di urgenza degli ospedali. La sanità lombarda oggi è deficitaria, non tanto da un punto di vista strutturale di sistema ospedaliero per   acuzie,  ma   di  organizzazione, di programmazione,  di  risorse,  di  personale  della medicina territoriale. Dove nei cinque anni di Maroni è stato inferto il colpo di grazia. Questo è il grande problema della sanità lombarda!

Senza usare mezze parole o politichese, consideriamo queste prime linee guida insufficienti, e la revisione tanto annunciata della legge regionale sta assumendo sempre più l’aspetto  di  semplice  ritocco  ad  un  sistema  che ha  dimostrato  gravi e  lacunose carenze.  Le   linee  guida   presentate   confermano  la   continuità   con  la   politica precedente. Manca il coraggio di cambiare ma  solo piccoli ritocchi alla governance accompagnati da annunci mediatici per chi vuole crederci. Si mantengono in vita Ats e Asst cosi come sono. E non si interviene nella attività programmatoria centrale di Direzione Generale  Welfare come servirebbe per programmare l’attività del privato, in modo integrativo e complementare a quella pubblica, non sostitutiva.

Quale sarà il ruolo del  medico di medicina generale nella medicina e assistenza territoriale?  Il  rapporto numerico  medico  e  assistiti?  Nessun accenno su questo, con  le situazioni di allarme di oggi e con centinaia di posti scoperti sul territorio. Medici di medicina generale andati in pensione mai sostituiti. Quella dei medici italiani, che sono mediamente i più vecchi nel mondo,  è una  situazione che  denunciamo da anni. Tutto era  prevedibile da tempo.  Non si può continuare così. Ogni cittadino deve  ritornare ad avere un “vero medico” di riferimento che è stato un punto di forza del nostro Ssn universalistico e pubblico. Se per tre volte l’Ats Milano ha messo a concorso l’assunzione di medici di medicina generale e su 200 zone carenti ne ha coperte solo 50 evidentemente qualcosa non funziona. È sbagliato, è tutto da rifare!

Nessun accenno alle liste d’attesa che  non  sono mai nominate. Oggi la sanità è ancora paralizzata dall’effetto Covid, con i rinvii continui dell’attività “normale” degli ospedali, dove sette pazienti  su dieci, tra esami e  visite specialistiche,  sono ancora rimandati a  data  da destinarsi.

Si prevede genericamente una Centrale operativa territoriale Cot  in ogni Distretto che dovrebbe rilanciare la presa in carico, la continuità dei percorsi di cura  alla luce dell’esperienza della mancata medicina domiciliare durante la pandemia. Un Distretto ogni 100mila abitanti. Una Casa della comunità ogni 50 mila abitanti. Ma questi rapporti sono equilibrati?  Prima  occorrerà  fotografare  la  domanda di salute  dei diversi territori per adeguare le situazioni territorio per territorio. Non si possono collocare “numeri” nello stesso modo sia nelle città metropolitane che  nei paesi, nelle pianure o in montagna. Le esigenze e condizioni possono essere diverse, lo dice il buon senso.

Più coraggio, più risorse, più personale, più formazione perché la sanità lombarda ha soprattutto bisogno di risorse “fresche” per  rifondare la medicina territoriale e stabilizzare le risorse “vecchie” per  confermare l’eccellenza dei  nostri ospedali che attraggono pazienti da  altre regioni e da ogni parte del mondo.

La storia insegna che  le riforme imposte e calate dall’alto non funzionano. Ad oggi manca completamente il dialogo con gli addetti ai lavori in prima linea che la riforma poi  la devono poi applicare sul campo, con le parti sociali e con il sindacato. Ad oggi, regione Lombardia non dimostra una convinta volontà di confrontarsi con le organizzazioni sindacali confederali, che potrebbero contribuire a migliorare il sistema sanitario, sotto ogni punto di vista, dai medici agli infermieri, dai tecnici agli amministrativi, dagli altri operatori fino ai pensionati e cittadini utenti. E vogliamo qui  ricordare che  i pensionati potrebbero vantare qualche  pretesa in  più  di  dire  la  loro,  visto  che  sono anche i  maggiori  fruitori  dei  servizi sanitari lombardi. E come  “customer satisfaction” sarebbe importante scoprire l’opinione dei clienti e i margini di miglioramento della nostra sanità lombarda.

In  questa importante  occasione  la  Fnp   Cisl   Lombardia  invita  la   politica  a   “non dimenticare” quanto è accaduto in Lombardia durante la pandemia. A non dimenticare che  il sistema sanitario si è trovato  impreparato all’emergenza che  abbiamo vissuto. A non dimenticare tutte  le “falle” di sistema a partire dalla sanità territoriale e domiciliare. A non dimenticare il numero di letti insufficienti di terapia intensiva e nei reparti. A non dimenticare le  tante   persone,  donne  e  uomini  soprattutto  anziani,  che   ci  hanno  lasciato.  A  non dimenticare medici, infermieri e operatori  impegnati in prima linea, e in particolare  coloro che  sono morti e/o ammalati mentre svolgevano il loro lavoro per gli altri.

Molti hanno scritto che  dopo  la pandemia nulla sarà più come  prima. È per  questo che  la questione per  noi resta soprattutto “di volontà politica”. Dopo la pandemia, ci saremmo aspettati svolte culturali, profondi ripensamenti, vere riforme, una nuova visione della salute  ma  dalle prime mosse  per  la  sanità  lombarda la  vedo dura, molto dura, e credetemi spero di sbagliarmi. Molti dicono che  il Pnrr dovrebbe essere una  occasione da non perdere, e anche noi la vediamo così. Ma non bastano le risorse mese nel  Pnrr, che devono essere  poi   rifinanziate ogni  per   dare  stabilità al  sistema  sanitario, servono anche competenze, professionalità, responsabilità, scelte politiche coerenti. E qui incominciano le nostre preoccupazioni e dubbi, perché se consideriamo tutto quanto è accaduto negli ultimi mesi, a partire dal nebuloso spessore politico e culturale di chi ha diretto la “baracca” durante la pandemia, dei tanti scaricabarile e assenze di responsabilità che  abbiamo assistito, e di come  si sta procedendo, senza dimenticare la pressione degli interessi privati in campo, mi viene spontaneo di non essere troppo ottimista.

Ma “fare sindacato” vuol  dire  guardare avanti, essere  propositivi. E i vantaggi di uno stile di pensiero ottimistico  superano di  gran  lunga gli svantaggi che il pessimismo  può arrecare nella  vita  privata  e  sociale  delle  persone che  noi  rappresentiamo.  Al  riguardo, cerchiamo di non farci condizionare dalle brutte esperienze vissute dalla sanità lombarda, e dobbiamo  essere capaci  di convincere  regione  Lombardia, controparti  e  cittadini sugli  aspetti  positivi delle nostre  proposte  e  soluzioni ai  problemi. Non  si  tratta  di pensare che  tutto vada  sempre bene o come  vogliamo noi ma  di essere consapevoli che dobbiamo fare tutto ciò che  possiamo per cambiare le situazioni.

Milano, 10 giugno 2021
Comitato Esecutivo Fnp Cisl Pensionati Lombardia

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